Il Carnevale è una festa celebrata in gran parte del mondo; tuttavia l’Italia conserva una delle tradizioni più ricche e antiche. Lungo tutto lo stivale e passando anche attraverso le Isole Maggiori, ogni Regione del nostro Paese si distingue per tradizioni, usanze e maschere tipiche. La maschera è un aspetto focale e imprescindibile del Carnevale; benché ci siano testimonianze di queste feste in maschera presso gli antichi romani prima e nel Medioevo dopo, è con il Rinascimento che si può sancire ufficialmente la nascita del Carnevale italiano.
È con la Commedia dell’Arte del 1600 che il Carnevale conosce, per non abbandonare più, le maschere tipiche che raffigurano ‘tipi umani‘. In Italia, ogni Regione ha la sua (o le sue) maschera tipica; e ad esse spesso è legata una tradizione che parte da eventi storici reali.
Da Arlecchino a Rugantino
Partiamo dalla Toscana, dove ha origine uno dei Carnevali più antichi del nostro Paese; quello di Castiglion Fibocchi risale, addirittura, al 1100. In questa Regione, ma più precisamente a Firenze, troviamo Stenterello; la maschera del giovane chiacchierone, di bassa estrazione sociale, pauroso ma molto ingegnoso. Meneghino, invece, è la maschera tipica di Milano; egli rappresentata il ribelle che combatte contro la dominazione asburgica. Brighella è un’altra maschera lombarda conosciutissima e arriva da Bergamo; il suo nome si riferisce al suo carattere dispettoso e insolente ed è il ‘compare‘ della maschera che forse, più di ogni altra, in Italia riveste lo spirito del Carnevale: Arlecchino; con il suo vestito fatto di toppe, questo servo combina guai è un simbolo per la tradizione del nostro Paese.
Passando poi per la Capitale, impossibile non citare la maschera che ha ispirato la celebre commedia musicale degli Anni ’60 di Garinei e Giovannini: il Rugantino; giovane arrogante e strafottente, ma dal cuore buono. E il Lazio è noto anche per una tradizione popolare conosciuta come Carnevalone; si tratta di una festa laica che si caratterizza per la prosecuzione dei festeggiamenti dopo il Mercoledì delle Ceneri e risale all‘800. Atteggiamento che all’epoca rappresentava la reazione del popolo anti-clericale al clima austero quaresimale. Tornando alle maschere, impossibile non citare Balanzone e il suo carattere sapiente ma presuntuoso che arrivano direttamente dall’Emilia Romagna.
Tradizioni: da La Gnaga al Volo dell’Angelo
Originaria di Torino è invece la maschera di Gianduia; secondo la tradizione, egli incarna un uomo coraggioso. E sempre al Nord, anche il Trentino Alto Adige ha le sue maschere tipiche, estremamente particolari e simboliche; dove, per esempio, La Gnaga rappresenta una donna vecchia con la gobba che porta sulle spalle un giovane; allegoria del vecchio che lascia il posto al nuovo. Gli Prato dello Stelvio, invece, sono maschere con pesanti campanacci ai fianchi; con la funzione di allontanare gli spiriti maligni favorendo il raccolto. In Valle D’Aosta, invece, le maschere tipiche sono le Landezette, ossia uomini con uniformi simili a quelle napoleoniche; queste maschere ricordano un evento realmente accaduto nel 1400, quando 40.000 soldati passarono per quelle terre. E poi si arriva alla Liguria, dove tra le diverse maschere tipiche si trova O Scio Reginna; che rappresenta il Signor Regina, un uomo realmente vissuto nel ‘700, famoso per i suoi scherzi e il suo mestiere da buffone.
In Friuli Venezia Giulia esiste El manso infiocao, ossia il manzo infiocchettato. Secondo questa usanza, il Giovedì Grasso, un manzo (oggi finto) gira per le vie cittadine. L’usanza risale al 1162, anno in cui il Patriarca di Aquileia invase Grado che chiese l’aiuto del doge di Venezia; quest’ultimo sconfisse l’invasore, ma obbligò Grado a donare ogni anno per il Giovedì Santo 12 maiali ed un toro. E in quanto a Carnevale italiano, sarebbe impossibile non passare da Venezia; luogo nel quale la tradizione celebra una delle feste più famose al mondo. Dalle maschere tipiche, Pantalone (mercante vecchio e avaro) e Colombina (serva furba e maliziosa), si ricorda anche il tradizionale Volo dell’Angelo; un’usanza nata nel ‘500 con il primo acrobata turco che si lanciò dal Campanile di San Marco fino al Palazzo Ducale. Fino al 1759 la tradizione era amata dalla folla, anche perché l’uomo che scendeva dalla fune riceveva una somma in denaro; tuttavia, in quell’anno, il Volo finì in tragedia e da quel momento l’acrobata venne sostituito da una colomba in legno che rilasciava fiori e coriandoli sulla folla.
Dal Carnevale abruzzese al Carnevale campano
Nelle Marche tra le maschere più tipiche troviamo il Pupo; questa è una maschera fantoccio bruciata nel rogo l’ultimo giorno di Carnevale. In Umbria, invece, la maschera più famosa risale al 1600: il Bertoccio; nel 1700 tale maschera fu proibita, perché denunciava su foglietti distribuiti alla folla in dialetto tutte le malefatte dei potenti. Tradizionale e suggestivo è anche il Carnevale d’Abruzzo che si articola in quattro fasi; il canto dei mesi, il palo intrecciato (danza propiziatoria), la carnevalata (di origine medievale) e la morte di Carnevale. In Molise, invece, i giganti in carta pesta sono i veri protagonisti di questa festa; essi sfilano per le strade della città il Martedì Grasso. Tra le maschere, interessante citazione meritano le maschere dei briganti; quest’ultime, infatti, rievocano la storia dei briganti e gli anni della lotta per l’Unità d’Italia.
Il Carnevale campano si associa alla sua famosissima maschera tipica: Pulcinella; nasce a Napoli nella seconda metà del ‘500 e rappresenta un imbroglione, pigro e sempre affamato. In Basilicata, invece, la tradizione è fortemente legata al mondo pastorale; qui i campanacci sono il suono tipico della festa di Carnevale. Sono molte le città lucane in cui le persone sfilano impersonando una mandria e scuotendo questi campanacci per ricordare il rito della transumanza.
Il Carnevale al Sud e nelle Isole Maggiori
La tradizione carnevalesca calabrese ruota attorno alla rappresentazione della storia di Carnevale; il protagonista, dopo un’abbondante cena, muore proprio per via della pancia troppo piena. La moglie Quaresima lo piange e tutti partecipano al funerale che termina con il rogo del fantoccio. In Puglia noto è il Carnevale di Putignano che risale al 1394. Tra le maschere tipiche, invece, c’è Lu Titoru; un giovane rimasto soffocato con le polpette prima del digiuno quaresimale.
E arriviamo infine alle Isole Maggiori; in Sicilia i festeggiamenti per il Carnevale risalgano al 1612, voluti dal viceré d’Ossuna. Qui la maschera tipica è l’Abbatazzu, un religioso che porta con sé libri giganti; un’allegoria che denuncia alcuni atteggiamenti saccenti provenienti da alcuni membri del clero. E terminiamo il viaggio attraverso le maschere e le tradizioni d’Italia approdando in Sardegna; qui i Mamuthones sono maschere tipiche ancestrali e, quasi, mostruose. Ma proprio per il controsenso che caratterizza il Carnevale questi personaggi, nonostante l’aspetto spaventoso, hanno lo scopo di allontanare il male e la carestia.
LEGGI ANCHE: Carnevale, inizia la festa dei colori e delle danze