Prima ancora delle faraoniche vesti di Cleopatra. Prima della – tristemente – seducente Maggie la Gatta, al fianco di Paul Newman ne La gatta sul tetto che scotta o della conturbante Gloria Wandrous in Venere in visone: prima di tutto c’erano i suoi occhi viola. Che lo fossero o meno, poco importa. Lei stessa, d’altronde, ne parlò in un’intervista descrivendoli: “Blu marino, ma hanno delle screziature rosse; quando illuminati dalla giusta luce il mix li fa apparire viola.” Ciò che conta è che hanno contribuito a rendere il fascino di Liz Taylor irresistibilmente eterno. Ultima grande diva della Hollywood degli Anni d’oro, ha attraversato tutte le fasi del successo. Da enfant prodige con Torna a casa, Lassie! (1942), ad attrice impegnata e volto da kolossal, fino all’impegno umanitario, nella lotta contro l’AIDS: Liz Taylor è stata la quint’essenza del cinema.
Elizabeth “Liz” Taylor: l’icona dagli occhi viola e dal talento inestimabile
Nata a Hampstead, Londra, il 27 febbraio 1932, dopo l’entrata del Regno Unito nella Seconda Guerra Mondiale, si trasferì con la famiglia negli States, stabilendosi a Los Angeles. Fin da subito, il suo talento ebbe modo di esprimersi, quando all’età di nove anni apparve nel film There’s One Born Every Minute (1942), a cui seguì l’anno successivo Torna a casa, Lassie! Nel 1944 ottenne il suo primo ruolo da protagonista in Gran Premio. A causa di una caduta da cavallo, riportò diversi problemi alla schiena che l’afflissero per il resto della vita, costringendola nell’ultimo periodo sulla sedia a rotelle. Seppur riluttante, proseguì anche in età adolescenziale la sua carriera nel mondo della recitazione, riuscendo – diversamente da altri enfant prodige – ad affrontare con successo la transizione all’età adulta.
Il 1949 ha segnato l’arrivo in sala del classico Piccole donne, nel quale Liz Taylor ha sfoggiato un’inedita chioma bionda. Il medesimo anno ha assistito inoltre all’uscita di Alto tradimento, grazie al quale l’interprete mostrò la sua metamorfosi definitiva, lasciandosi alle spalle la piccola Elizabeth e dando spazio alla donna Liz. Appena 17enne, attirò anche l’attenzione del TIME, che la apostrofò come “un gioiello di grande valore, un vero zaffiro, una stella.” Dopo i diversi flop al box office che l’hanno vista coinvolta in questo periodo, arrivarono anche le prime soddisfazioni: Il padre della sposa (1950) di Vincente Minnelli e, ancora di più, Un posto al Sole, al fianco di Montgomery Clift. L’aspetto conturbante e procace, nonostante la giovane età, la resero ben presto una delle attrici più apprezzate della sua generazione e non solo.
Gli Oscar e numerosi riconoscimenti
Sul proprio curriculum, Liz Taylor vantava un gran numero di riconoscimenti. Tre Premi Oscar (due come Miglior Attrice per Venere in visone e Chi ha paura di Virginia Woolf? più uno Premio umanitario Jean Hersholt), 4 Golden Globes, un premio BAFTA e tre David di Donatello sono solo alcune delle onorificenze conseguite. Nel 1999, inoltre, l’American Film Institute l’ha inserita al settimo posto tra le più grandi star della storia del cinema.
Tuttavia, prima di arrivare all’ambita statuetta, ha dovuto attendere che gli Anni Cinquanta giungessero al termine. Nella prima parte della decade, Liz Taylor lamentò un’insofferenza per i ruoli che le venivano costantemente proposti. Da La contessa scalza, Piangerò domani fino a Rapsodia (1954), al fianco del compianto Vittorio Gassman: nessuna di queste sceneggiature la appagava in pieno, costringendola a interpretare personaggi fortemente stereotipati. Poi, nel 1956, la (nuova) grande occasione: al fianco di James Dean e Rock Hudson – a cui fu amichevolmente legata fino alla morte di lui – fu tra le protagoniste de Il gigante. Da qui in poi, è storia. Si susseguirono, nel giro di poco, La gatta sul tetto che scotta, Improvvisamente l’estate scorsa e Venere in visone, grazie al quale ottenne il primo Academy Award.
Il “disastro” Cleopatra e la nascita del mito
Il 1960 segnò, inoltre, un primato non da poco per Liz Taylor. L’interprete venne scritturata per il kolossal Cleopatra, con un contratto pari a un milione di dollari (record storico per l’epoca), a cui furono aggiunti altri sette milioni. Tenendo conto dell’inflazione, ad oggi il suo cachet sarebbe ammontato a 47 milioni di dollari. Ma la lavorazione del film epico fu notoriamente travagliata, rischiando di mandare in bancarotta la 20th Century Fox. Come se ciò non fosse abbastanza, anche in questa occasione emersero i problemi di salute della diva dagli occhi viola, che fu ricoverà d’urgenza a causa di una polmonite.
Ciononostante, quel peculiare trucco utilizzato per accentuare il suo sguardo, la rese un’icona. Attraverso l’uso di un kajal nerissimo e ombretti che esaltassero la tonalità (presunta) violacea, infatti, Liz Taylor catturò il suo pubblico, stregandolo con il suo magnetismo innato. Quel make-up, studiato ad hoc da Alberto De Rossi, cominciò inoltre a fare capolino anche al di fuori del set. La sfortunata pellicola, su cui nacque quel trucco iconico, segnò inoltre l’incontro con Richard Burton, che divenne suo quinto marito. E, in effetti, la vita privata dell’interprete meriterebbe un capitolo a sé. I due avrebbero nuovamente diviso il set nel 1966, nell’acclamato Chi ha paura di Virgina Woolf?. Entrambi, per le loro interpretazioni, ricevettero la nomination al Premio Oscar, sebbene solo Liz Taylor riuscì ad ottenerlo.
Oltre la recitazione
A partire dagli Anni Settanta, Liz Taylor iniziò a dividersi tra grande e piccolo schermo, continuando a la sua carriera d’attrice. Al contempo, si trovò costretta a disertare diversi eventi pubblici, soprattutto negli anni successivi, per via di numerose problematiche di salute che la afflissero. L’ultimo lavoro che l’ha vista coinvolta in sala fu I Flintstones (1994), mentre, per quanto riguarda la televisione, apparve sia nella nota soap La valle dei pini, che in una puntata de La tata (1996) e, nel 2001, nel film televisivo – inedito in Italia – These Old Broads.
Nel frattempo, coltivò la sua rinomata passione per i gioielli, collezionando pezzi unici, tra cui il celeberrimo diamante Taylor-Burton, a forma di goccia. Al contempo, si dedicò strenuamente alla battaglia contro l’AIDS, soprattutto a seguito della morte del caro amico Rock Hudson, figurando tra le fondatrici dell’American Foundation for AIDS Research. Malata da tempo di cuore, si spense il 23 marzo 2011, a 79 anni, al Cedars-Sinai Medical Center di West Hollywood.
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