Nonostante gli oltre dieci anni di lontananza dalle scene, Jack Nicholson è ancora Jack Nicholson: divo, anticonformista, icona del cinema, ma anche protagonista di scandali. Di tutto si è detto della sua vita movimentata ed è per questo che oggi 22 aprile, nel giorno del suo 85esimo compleanno, lo celebriamo.

La sua stessa vita sembra essere la trama di un film. Di quelli probabilmente sceneggiati da Woody Allen, con l’inconfondibile vena sarcastica e grottesca, ma conditi di dettagli inquietanti alla Roman Polanski, sin dall’infanzia. Solo all’età di trentasette anni, infatti, Jack Nicholson venne a conoscenza del fatto che Jude, colei che credeva sua sorella, fosse, in realtà, la madre. Non conobbe mai il padre, dunque. Ma ciò non lo persuase dal portare avanti una delle più straordinarie carriere nel mondo del cinema, divenendo uno dei simboli della settima arte. Perché, checché se ne dica, Jack Nicholson ha fatto letteralmente di tutto, nel corso di circa sette decenni di attività, dalla fine degli Anni Cinquanta sino agli Anni 2010. Il tutto, a partire da quell’inconfondibile sguardo, che oltre ad attraversare ogni sfumatura della follia, è divenuto a livello iconografico suo marchio distintivo.

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Jack Nicholson: dagli esordi a Easy Rider, fino al primo Oscar

Così come Paul Newman, che con l’incredibile azzurro dei suoi occhi entrò nella leggenda, anche Jack Nicholson stregò tutti con il suo inconfondibile sguardo. Ma dovette aspettare un po’, prima di avere successo. Dopo essersi trasferito a Los Angeles appena diciassettenne, ha debuttato sul grande schermo nel 1958 con The Cry Baby Killer, prendendo parte a una serie di progetti di diverso genere, dagli horror alle commedie. Tra i diversi titoli, spicca senza dubbio il cult La piccola bottega degli orrori (1960), da cui è stato tratto l’omonimo musical off-Broadway. La fama, tuttavia, lo travolse nel 1969 con il cult, un vero e proprio manifesto generazionale della controcultura sessantottina, Easy Rider. La grande risonanza ottenuta dal film – e dal suo George Hanson, che gli regalò la prima nomination al Premio Oscar, come Miglior Attore Non Protagonista – lo spinse a proseguire la carriera recitativa, che aveva scelto in precedenza di abbandonare.

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A dieci anni dall’esordio, finalmente, Jack Nicholson conobbe il successo, divenendo uno dei simboli più grandi della New Hollywood. Gli Anni Settanta rappresentarono per l’interprete il periodo di massimo splendore. Da Cinque pezzi facili, Conoscenza carnale, L’ultima corvé fino a Chinatown di Roman Polanski, continuò a collezionare premi e nomination all’Academy Awards. Nel 1975 – anno in cui comparve in quattro pellicole, tra cui Professione: reporter – vinse finalmente l’ambita statuetta dorata (a cui, successivamente, seguirono altre due) per il magistrale Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman, basato sull’omonimo romanzo di Ken Kesey. La pellicola ha inoltre ispirato nel 2020 una serie spin-off, ideata da Ryan Murphy e incentrata sulla perfida infermiera Mildred Ratched e intitolata, per l’appunto, Ratched.

L’affermazione del mito Nicholson

Gli Anni Ottanta, per Jack Nicholson, non furono da meno. All’esordio del nuovo decennio, infatti, l’interprete si trovò a lavorare (per la prima e unica volta), con Stanley Kubrick nel discusso Shining, basato sull’omonimo romanzo di Stephen King, il quale ne bocciò categoricamente la trasposizione cinematografica. Pur non avendo ricevuto il favore della critica, ricevendo perfino due nomination ai Razzie Award, ad oggi la pellicola è riconosciuta a livello unanime come un cult del genere horror. L’anno successivo, al fianco di Jessica Lange, è protagonista dell’intramontabile Il postino suona sempre due volte. Solo due anni dopo, ottiene il suo secondo Oscar (primo e unico come Miglior Attore Non Protagonista), per Voglia di tenerezza.

Nella ristrettissima rosa di interpreti a sfoggiare nel proprio curriculum la vittoria di tre Premi Oscar (nel 1998 vinse nuovamente con Qualcosa è cambiato), Jack Nicholson vanta anche un curioso primato. Ciascuna delle sue partner di scena, nelle pellicole in cui ha ottenuto l’Academy Awards – in ordine cronologico Louise Fletcher, Shirley MaCLaine e Helen Hunt – ha ricevuto a sua volta l’ambita statuetta d’oro. L’interprete chiuse nuovamente con il botto la decade, ricoprendo il ruolo del villain più apprezzato della DC Comics. Nel primo Batman diretto da Tim Burton, infatti, Nicholson rivestì i panni dell’iconico Joker, reinterpretato magistralmente da Heath Ledger e Joaquin Phoenix.

Gli ultimi anni e gli scandali privati

Tra gli anni Novanta e i Duemila, l’interprete iniziò ad allentare la presa. Una nuova generazione aveva difatti iniziato a prendere piede, grazie anche al suo illustre esempio. Tra i volti ormai in affermazione della nuova età di Hollywood, senza dubbio spiccavano Leonardo DiCaprio e Mark Wahlberg, che Martin Scorsese riunì nell’acclamato The Departed – Il bene e il male, del 2006, che vinse quattro Premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Regia.

Di pari passo con la sua carriera cinematografica, Jack Nicholson ha fatto parlare di sé anche sulla cronaca rosa. L’interprete ha avuto una figlia nel 1963, nata dal suo primo matrimonio con l’attrice Sandra Knight. Nel 1970 ha avuto un altro figlio da Susan Anspach e, nel 1981, ha avuto dall’attrice danese la figlia Honey. È stato legato per oltre 15 anni, dal 1973 al 1989, con l’attrice Anjelica Houston, con cui la storia è naufragata dopo la scoperta, da parte di lei, della relazione extraconiugale con l’attrice Rebecca Broussard. Da lei ha avuto altri due figli, che hanno intrapreso la carriera cinematografica: Lorrain (1990) e Raymond (1992). Quest’ultimo, in particolare, è salito alla ribalta di recente grazie a uno dei ruoli principali nella serie targata Prime Video Panic. Insomma, una vita movimentata che non ha nulla da invidiare ai suoi film monumentali.

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